Un viaggio alla scoperta del mondo Tuareg
Di Laura Tirloni - Poco conosciuti forse, ma molto fantasticati, i Tuareg popolano l'immaginario di molti di noi. Nascono in un mondo distante dal nostro, abitano distese di sabbia e i loro tetti sono infiniti cieli stellati. Padroni incontrastati dell'area sahariana, questo popolo con origini berbere, ha trasformato l'arida e desolata distesa che si trova tra la Libia, il Mali, l'Algeria, il Niger, il Burkina Faso, la Nigeria e il Ciad, nella culla di una cultura affascinante, che si è tramandata nei secoli. Caratteristici i loro abiti tradizionali, tra cui il taggelmust, il lungo turbante color indaco che ricopre con splendide tonalità bluastre il viso degli uomini, da cui “uomini blu”. Abituati al nomadismo, i Tuareg hanno imparato a muoversi tra le distese desertiche orientandosi con le stelle, vivendo di pastorizia e di commercio di avorio, sale e spezie. Un popolo che, per sopravvivere, deve affrontare quotidianamente il problema della siccità e per il quale la ricerca dell’acqua è incessante. Le donne hanno una maggiore libertà rispetto ad altre culture islamiche, e tra le altre cose, è loro concesso divorziare.
Quando ciò accade, essendo le tende di proprietà della donna, l'ex-marito deve cercare ospitalità presso parenti di sesso femminile. Nel Settecento, una lunga battaglia contro gli arabi porta i Tuareg a convertirsi all’Islam, pur mantenendo alcune tradizioni animiste. Nei secoli hanno tramandato la loro cultura preservando la loro identità, lingua e il loro alfabeto, il Tifinagh, che è costituito da forme geometriche che vanno da destra a sinistra, dall’alto in basso, in orizzontale e verticale. All'inizio del XX secolo, con la colonizzazione francese, i Tuareg avvertono una limitazione del loro spazio vitale; con la successiva fine della colonizzazione subiscono un'imposizione di frontiera.
Si ribellano a questa realtà con lotte sanguinose ma devono arrendersi alla nuova situazione e adattarsi ai cambiamenti. Iniziano così a vivere di espedienti, di piccoli lavori saltuari; oppure emigrano, nella speranza di trovare, altrove, parte di ciò di cui sono stati privati in terra. Se sarete fortunati, potrete condividere con loro il rito del the. Si tratta di un infuso zuccherato composto da foglie di menta, di sapore aspro, del quale, come vuole la tradizione, devono essere bevuti tre bicchieri in successione. “Il primo bicchiere è aspro come la vita, il secondo è dolce come l’amore, il terzo è soave come la morte ”. Purtroppo, questo popolo rischia di scomparire e insieme a lui, l'affascinante cultura e le secolari tradizioni di cui è portatore. E tutto rischia di passare quasi inosservato agli occhi del mondo. Un viaggio nel Sahara che vi porterà ad entrare in contatto con questo popolo unico sarà un viaggio prezioso, un arricchimento da preservare nel tempo.
Autore: Laura Tirloni