Mozia: frammento d'Oriente nel mare di Sicilia
Una piccola isola, miracolosa testimonianza della vita quotidiana, del lavoro e della morte dei suoi primi abitanti, i Fenici. L'isola è piccola, un fazzoletto di terra di soli 45 ettari, che si innalza per pochi metri sul livello del mare, nel mezzo della laguna dello Stagnone, poco a nord di Marsala, sulla costa occidentale della Sicilia. Si tratta dell'isola di San Pantaleo, più nota come Mozia, il nome della città fenicia che qui sorse tremila anni fa, e che oggi si offre agli studiosi quale raro centro fenicio-punico rimasto eccezionalmente intatto, sopravvissuto quasi per miracolo all'inesorabile scorrere del tempo. Un frammento d'Oriente nel mare di Sicilia. I Fenici sbarcarono sull'isoletta, che poi diverrà Mozia, attorno alla metà dell'VIII secolo avanti Cristo, scegliendola perchè rispecchiava perfettamente i requisiti della maggior parte dei loro insediamenti: un'isola di dimensioni ridotte e vicino alla costa, circondata da bassi fondali, riparata dai venti perchè chiusa alle spalle da un'isola più grande, isola Lunga, facilmente difendibile e sicuro attracco per le navi.Vicina all'Africa, punto di transito obbligato per le rotte commerciali verso il nord (Sardegna e Italia centrale), Mozia divenne ben presto uno dei centri fenici più floridi del Mediterraneo. A lungo ebbe persino una propria zecca , dove venicano coniate monete d'argento e di bronzo. Come Venezia, Mozia è un'isola al centro della laguna. L'isola fa parte dello Stagtnone, arcipelago lagunare e riserva naturale tra le più importanti d'Europa, situato a metà strada fra Trapani e Marsla. La laguna dello Stagnone occupa il tratto di mare tra la foce del fiume Birgi e la salina Genna: si tratta di un'area di duemila ettari, profonda non più di tre metri, di estremo interesse ambientale e florofaunistico. Per visitare l'isola Grande, la maggiore dello Stagnone, servono un paio d'ore: ci si addentra dal molo lungo un canale sovrastato da pini, sino al mulino Fra' Giovanni, una delle otto saline dell'isola, per avvistare le rare specie di uccelli che qui hanno trovato l'ambiente ideale per nidificare. L'arcipelago dello Stagnone, in un susseguirsi di paludi salmastre, pozze d'acqua dolce, giuncheti e macchie sempreverdi, comprende, oltre a Mozia e all' isola Grande, due isolotti a fior d'acqua: Santa Maria, in passato “satellite” di Mozia, e la minuscola Scuola. Saline anche sulla terraferma, lungo la via del Sale, istituita negli anni '80 sulle tracce di un patrimonio culturale di inestimabile valore. Sembra che i primi a coltivare il sale siano stati proprio i Fenici, e da allora, tra alterne vicende, queste fabbriche ecologiche ante litteram, hanno conservato la loro importanza nell'economia locale, assieme alla pesca e al corallo. Scacchiere di vasche e di canali arginati da blocchetti di tufo, formano un reticolo che al tramonto si accende di roso e di viola, punteggiato da piramidi di sale, protette da tegole di terracotta e da mulini a vento, in parte ripristinati. Mozia è stata restituita al suo antico fascino dagli scavi archeologici. Una poderosa cortina muraria, dotata di torri di vedetta, cingeva tutta la città, seguendo il perimetro dell'isola, sino a lambire il mare. Nelle mura si aprivano quattro porte, a nord e a sud le principali, ancora ben conservate; due minori agli altri punti cardinali. All'interno delle mura il complesso delle strutture urbane: le case, tra cui quella detta “dei mosaici”, che conserva forse il più antico mosaico di tutta la Sicilia, costituito da ciottoli di fiume bianchi e neri raffiguranti scene di battaglia, animali reali o fantastici, e soprattutto i luoghi sacri e le necropoli. Due i luoghi di culto sicuramente identificati. A nord, in località Cappiddazzu, nel punto più alto dell'isola, un complesso di notevoli dimensioni con un edificio principale a tre navate e altri minori: un vero e proprio santuario. Sul lato ovest dell'isola, si trova invece il tophlet, tipica area sacra dei popoli orientali, tempio a cielo aperto che nasconde uno dei segreti dei fenici. Dopo aver visitato Mozia e la costa, conviene fare una sosta a Trapani e a Marsala. La prima conserva nel suo tessuto urbano importanti vestigia del complesso passato: dall'impianto arabo del labirintico quartiere Cassalicchio, ai fasti barocchi della cattedrale di san Lroenzo e dei palazzi di via Garibaldi e corso Vittorio. La seconda, capitale dell'omonimo vino liquoroso, il Marsala appunto, celebre sin da fine Settecento, custodisce nel suo centro storico edifici rinascimentali e barocchi. Importanti la necropoli, i mosaici della Villa Romana, il duomo e il Museo archeologico. Tra gli spunti offerti dalla zona, non mancano quelli enogastronomici.
Foto3: David Holt
Autore: Nadia F. Poli