Racconto storico: ricordi di un viaggio del 1936

Nella foto: MASSAUA - Il “Cesare Battisti”, trascinato in porto, dopo recupero.

La velocità era stata ridotta al minimo. Il piroscafo sembrava immobile. Le vibrazioni, ossessive e interminabili per giorni e notti, erano quasi scomparse. Le luci di terra si avvicinavano lentamente: si entrava nella rada di Massaua.
23 dicembre 1936, sera.
A bordo, l’attività era frenetica: molti passeggeri s’erano affacciati, per seguire le manovre d’arrivo che avrebbero condotto all’attracco. I “legionari fascisti”, in tenuta coloniale e col caratteristico casco di sughero, si preparavano a sbarcare.
In plancia, vicino al Comandante, era salito Leonardo Gana, Segretario Federale d’Asmara, in sahariana bianca.
Don Catello Castellani, Cappellano Militare, col grado di capitano, si muoveva tra militi e passeggeri, salutando tutti. Anche lui sbarcava a Massaua.
Nell’austero salone di prima classe, i grossi ventilatori giravano pigri, cercando di rinfrescare l’aria calda e umida.
Un proverbio dice: Aden è un forno, Gibuti una fornace, Massaua l’inferno. Otto giorni prima, a Napoli, pioveva e faceva freddo.
Il viaggio era stato abbastanza tranquillo. Al tavolo del Comandante, dove, con altri, sedevano Gana e Don Catello, avevano parlato di tante cose, anche degli atti di sabotaggio che gli Inglesi tentavano sempre, pur di intralciare l’Italia speranzosa di divenire una potenza coloniale. Carichi che finivano in mare, pietre nel carbone per le caldaie, scatolette di cibo avariato, ritardi per l’attraversamento del Canale di Suez. Erano cose di tutti i giorni.
Il “Cesare Battisti” sarebbe rimasto a Massaua tre giorni, poi avrebbe raggiunto Gibuti, per sbarcare persone e cose destinate ad Addis Abeba.
Da Gibuti partiva la ferrovia che, col direttissimo, in circa ventiquattro ore portava alla capitale dell’Abissinia.
Eritrea, Somalia ed Etiopia costituivano un unico Impero, l’Africa Orientale Italiana, AOI, diviso in tre governatorati, con a capo il “Viceré” (a quell’epoca Graziani).
La nave, che andava accostandosi sempre più al molo al quale avrebbe attraccato, improvvisamente é squassata da una violenta esplosione. Le luci di bordo si spengono, si sparge un odore acre di fumo, appesantito da getti di vapore che arrivano da ogni parte, scricchiolii agghiaccianti, lo scrosciare impetuoso dell’acqua che invade le stive.
Le donne che erano a bordo, in genere mogli che raggiungevano i mariti e le cameriere, gridano. Qualche bambino, impaurito, piange. La gente corre disordinatamente, ordini s’incrociano nervosamente, insieme a imprecazioni, bestemmie…
I mobili, le sedie, i tavolini, divelti dai fermi che li bloccavano, scivolano sul pavimento, verso diritta, insieme a suppellettili, piatti, bicchieri, a tutto quello che poteva rotolare. Le scialuppe di destra non possono essere utilizzate: non si riesce a raggiungerle. Qu...

Autore: pp


















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